Apple non va d'accordo con le app per genitori di terze parti: anche gli investitori non sono contenti

Matteo Bottin
Matteo Bottin
Apple non va d'accordo con le app per genitori di terze parti: anche gli investitori non sono contenti

Nel weekend è spuntato un articolo del New York Times che riguarda le app di terze parti che cercano di fornire un controllo diretto degli smartphone dei figli ai genitori. In parole povere, Apple avrebbe tarpato le ali di queste app limitandone le funzionalità (magari con l'ottica di espandere l'utilizzo del proprio Screen Time).

Apple ha però risposto subito all'accusa: molte delle app userebbero una tecnologia molto invasiva (MDM - Mobile Device Management), impiegata principalmente in ambito business per controllare i dispositivi dei dipendenti, e quindi ha richiesto agli sviluppatori di queste app di rimuovere questa funzionalità, pena l'esclusione dell'applicazione dall'App Store.

Sembrerebbe una mossa saggia, dato che MDM ha accesso a  moltissimi dati sensibili, come posizione, utilizzo delle app, account email e permessi della fotocamera. Il problema, però, è che così facendo tutte le app per il controllo parentale diventano praticamente inutili, perché non vi è alcun modo di accedere ai dati del telefono e trasmetterli ai genitori.

In più, la funzionalità Screen Time di Apple, che dovrebbe essere la "versione proprietaria" di queste app, da molti è definita come un "lavoro frettoloso" e incompleto. E non si parla solamente di sviluppatori di terze parti: anche Tony Fadell, uno dei "padri" di iPod, è contrario a questa politica e a Screen Time (potete leggere tutti i suoi tweet a fine articolo).

Insomma, Apple fa bene a rimuovere queste app con MDM, ma dovrebbe al contempo fornire delle API dedicate per il controllo degli smartphone dei figli, in modo tale che gli sviluppatori possano lavorare al massimo delle loro capacità. Voi cosa ne pensate?