Dentro i laboratori segreti dove Facebook prova a salvare la vostra batteria

Giuseppe Tripodi
Giuseppe Tripodi Tech Master
Dentro i laboratori segreti dove Facebook prova a salvare la vostra batteria

Nonostante la maggior parte degli utenti pensi che gli sviluppatori di Facebook si divertano ad inserire funzioni a caso per prosciugare la nostra batteria, il social network investe più di quanto possiate immaginare nell'ottimizzare la sua app mobile, specialmente per i dispositivi più datati.

Nella piccola cittadina di Prineville (Oregon), si trova un data center di Facebook piuttosto sorprendente: un laboratorio che contiene 60 scaffali d'acciaio, ognuno dei quali contiene 32 smartphone che eseguono una delle numerose versioni di Facebook disponibili.

Come anticipato, questo data center è stato realizzato per monitorare continuamente l'impatto delle novità introdotte da Facebook su smartphone più o meno datati, tenendo conto soprattutto delle performance e del consumo energetico. Nel complesso, Facebook ha quasi 2.000 dispositivi che vengono utilizzati per i test, ma il numero crescerà significativamente, dato che il team punta a raddoppiare il numero di smartphone per ogni armadio (da 32 a 64 dispositivi ognuno).

Facebook laboratorio smartphone batteria 1

Ognuno di questi scompartimenti ha una propria rete WiFi a cui sono collegati gli smartphone e gli aggiornamenti delle app sui dispositivi di test vengono controllati da otto Mac Mini (per quanto riguarda iOS) e quattro server OCP Leopard basati su Linux (per quanto riguarda Android).

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Gli smartphone eseguono ciclicamente alcune operazioni (come scrollare la home, chiudere e riaprire l'app...) e vengono monitorati non solo dal punto di vista software: all'interno di ogni armadio è infatti montata una videocamera, che riprende continuamente il display dei dispositivi, in modo che gli sviluppatori possano controllare (anche visivamente) eventuali problemi di performance.

Per migliorare ulteriormente l'efficienza di questo data center, Facebook ha in programma di ridurre significativamente il numero di operazioni necessarie per configurare ogni dispositivo: attualmente, infatti, servono 20 passaggi manuali, ma la società vuole ridurre il tutto ad un unico step.

Inoltre, l'azienda ha in programma di rendere open source la configurazione hardware e software utilizzata per questo laboratorio come parte dell'Open Compute Project, associazione nata per iniziativa di Facebook (ma della quale adesso fanno parte anche Apple, Google, Microsoft, Intel e tante altre società.

..) per condividere i progetti relativi ai data center.

Fonte: TheVerge