L'ossimorica baia infernale di Paradise Bay (recensione)

Per fare il succo d'ananas ci vuole l'ananas. Per fare l'ananas, ci vuole l'albero. Per fare l'albero ci vuole il seme.... ed un sacco di tempo e soldi in Paradise Bay.
Giorgio Palmieri
Giorgio Palmieri
L'ossimorica baia infernale di Paradise Bay (recensione)

Il videogioco, in quanto tale, prevede un minimo di componente interattiva, la cui principale prerogativa è quella di mettere alla prova il suo utente. Nel corso degli anni, però, l’universo videoludico si è drasticamente evoluto, e con lui i suoi prodotti: l’interazione infatti non si limita più alla sola competizione, ma è stata espansa al fine di adattarsi alla stragrande maggioranza di esigenze dei videogiocatori. Trame intricate, sessioni di relax, emozioni forti, insomma, ogni videogioco ha il suo scopo elargito tramite l’interattività. Poi, solo poi, sono nati i giochi amorfi, quelli che non riesci a decifrare bene nell'ambito strettamente ludico: Paradise Bay è uno di questi.

Déjà vù

King è un’azienda dalle discutibili manovre intraprese, e ogni videogiocatore che usufruisce dei suoi prodotti dovrebbe saperlo. Inglese, con sede a Londra, l’azienda si occupa di casual gaming dal 2003, ed in particolare di rielaborazione di formule di gioco già esistenti da anni, riproposte però con una maggiore immediatezza, mirata proprio ad accalappiare i meno avvezzi al gaming (vedasi Candy Crush Saga e la paradossale vicenda di copyright).

Paradise Bay Foto

Paradise Bay, sempre di King, è un prodotto che finalmente abbandona i giochi ad abbinamenti così tanto apprezzati dalla società. Tuttavia non si può proprio dire che sia una produzione intraprendente. Di fatto parliamo di un gestionale, un building game per l’esattezza, che non solo è timidissimo di novità, ma è anche quanto di più derivativo si possa avere tra le mani, tanto ché spesso ci siamo chiesti, in fase di test, se avessimo già giocato allo stesso titolo in passato.

Meglio Antipaxos

Lasciando un po’ da parte i discorsi più generici, analizziamo più da vicino Paradise Bay: il giocatore veste i panni di un agente di scambio il cui compito è esaudire le richieste degli abitanti al fine di stabilizzare l’economia locale.

In soldoni, la formula si basa sulla produzione di determinati oggetti per un ammontare di tempo in base alla rarità dei suddetti che fungono da reagenti per la creazione di altri di più complessi.

Ad esempio, una delle prime risorse producibili è il cotone, che serve, tra le tante cose, a creare delle reti utilizzabili nella pesca per catturare gamberetti e salmoni i quali, a loro volta, vengono impiegati per sfamare gli abitanti.

Inoltre, nella bacheca è possibile visualizzare le richieste dei vari personaggi dell’isola, che andranno soddisfatte per ottenere esperienza e monete. La prima aumenta il livello, e consente di sbloccare nuovi edifici, e le seconde permettono di costruirli. La fabbricazione sistematica di oggetti ed edifici è scandita nel tempo, e segue un ritmo preciso stabilito dagli sviluppatori.

Non c’è sfida, né strategia, solo attese su attese che mirano a piazzarsi nell’arco della giornata, spingedovi quindi ad entrare in gioco per eseguire quelle due, tre azioni prima che il timer torni di nuovo in azione. Le limitazioni di risorse possedute nei magazzini, poi, costringono ad alternare lo sviluppo di oggetti elementari e complessi, cosa che cerca di dare un senso all’aspetto gestionale, ma che, in fin dei conti, risulta nella maggior parte delle volte abbastanza frustrante, proprio perché i tempi sono davvero troppo lunghi.

Un passatempo insipido, non un vero e proprio videogioco questo di King, impacchettato con uno stile grafico vivace, innocente, ma veramente troppo anonimo anche per i suoi standard. Il modello di monetizzazione scelto è il free-to-play, dove gli acquisti in-app svolgono un ruolo secondario, necessario ad accorciare le attese esponenzialmente estenuanti.

Giudizio Finale

Paradise Bay è solo un’altra operazione vecchia in partenza tanto remunerativa per King quanto sterile per il gaming. Funziona e fa quel che deve fare, e cerca disperatamente di trasformarsi in una vostra abitudine come tanti altri prima di lui. Con noi non ha funzionato.

PRO CONTRO
  • Meccaniche rodate, immediate...
  • Colorato, vivace...
  • ...e derivative. Tremendamente derivative
  • ...ma lo stile grafico è un po' anonimo
  • Attese esponenzialmente snervanti

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