Broken Age: ritorno alle origini (recensione)

Dopo una lunga attesa, finalmente possiamo mettere le mani sulla versione completa di Broken Age. Ecco la nostra recensione.
Giorgio Palmieri
Giorgio Palmieri
Broken Age: ritorno alle origini (recensione)

Potente si erge e forte si scaglia: la nostalgia è un sentimento capace di rievocare emozioni passate lasciate da segni indelebili di un trascorso piacevole. Viene chiamata anche dolore del ritorno, e si ramifica lungo una moltitudine di eventi e cose. Persone deliziose, luoghi indimenticabili, dolci momenti in compagnia dei primi nei secondi, e forte vive anche nei prodotti di consumo, persino nei videogiochi.

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Se vi dicessimo, ad esempio, Tim Schafer? Grim Fandango? Monkey Island? Se nulla si smuove all’interno di voi dopo la lettura di questi nomi, e la curiosità verso il titolo in questione è prossima allo zero, allora forse sarebbe meglio stare lontani da Broken Age.

Non per un discorso elitario, ma perché il titolo di Double Fine Productions non si preoccupa affatto di svecchiare il gameplay di un tempo, e si limita a proporre un’avventura grafica nella sua forma più basica, almeno per quanto concerne l’aspetto ludico: francamente, nel 2015 sa un po' di obsoleto.

Punchstarter

Broken Age (1)

Broken Age nasce da un Kickstarter di successo, non privo di polemiche, che irrompe con l’idea di riportare in auge il genere, supervisionato da uno dei suoi padri originari, che - appunto - risponde al nome di Tim Schafer. Pensate un po’: un progetto nato come low-budget riscuote un incredibile successo ben prima che siano rivelati i dettagli, solo perché dietro c’è un nome importante che negli anni ‘80-90 ha dato il meglio di sé. È la nostalgia, non c’è altra spiegazione.

Peccato che la notizia, giunta solo in seguito, della separazione di Broken Age in due atti a causa di un calcolo errato del budget abbia letteralmente fatto imbestialire i finanziatori del progetto. Tim però ha poi rassodato gli animi annunciando che il secondo atto sarebbe stato rilasciato gratuitamente.

Broken Age (5)

Polemiche a parte, la produzione di Double Fine è un’avventura grafica, un genere che sta resuscitando grazie alle piattaforme dotate di touchscreen.

Non parliamo però di quelle a la Telltale Games, dove le scelte cambiano il corso della storia, e il lato enigmistico lascia il tempo che trova. Broken Age porta infatti su quasi tutte le piattaforme attive al momento l’esperienza di avventura punta e clicca dal sapore classico, dove i personaggi e i rompicapi sono i principali motori dell’intera impalcatura.

Due storie, un destino

Sono due le storie narrate in Broken Age, con personaggi, contesti e toni del tutto differenti, giocabili parallelamente a piacimento. Vella è una ragazza tutta d’un pezzo che è stata scelta come sacrificio per il mostro Mog Chothra. Il tutto viene visto come una cerimonia dalla popolazione del posto, e i giovani vengono cresciuti con l’idea del sacrificio come un traguardo, l’unica soluzione per mantenere la pace. Gli stessi genitori delle “vittime” sono entusiasti e pronti a fare qualsiasi cosa pur di dare il proprio figlio in pasto a Mog Chothra.

Tuttavia, a Vella questa situazione non va giù, e la sua storia verterà su come uccidere l’ignobile mostro.

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D’altro canto, Shay è un ragazzo che vive rinchiuso in una nave spaziale. Ogni giorno, sua madre, un computer programmato per proteggerlo, lo manda in missioni fasulle al fine di tenerlo a bada, finché egli non né potrà più di questa situazione paradossale. Entrambe le storie affrontano temi maturi e umani, dalla ribellione all'indottrinamento, senza cadere mai nella troppa serietà, essendo sempre velate dalla vena umoristica tagliente tipica delle produzioni di Schafer, che di sicuro riuscirà a strapparvi più di un sorriso.

Sebbene il lore sia stato ben allestito, si ha l’impressione di come molte cose siano state lasciate al caso, tanto da far scaturire nel giocatore delle domande che non avranno mai una risposta lungo il corso del gioco. È infatti l’evoluzione della storia a lasciare perplessi, con il primo atto che stabilisce una solida base narrativa, forse un po’ troppo essenziale ma adorabile, mentre il secondo atto appare più stanco di quello precedente, meno riuscito, tanto da far presagire già dalla metà l’occasione sprecata.

Eppure è nei personaggi dove Broken Age davvero brilla di luce propria, con alcuni simpatici mattacchioni che vi rimarranno impressi anche dopo aver spento il dispositivo. Parte trainante dell’avventura sono proprio loro, spinti da un carisma sviluppato in maniera certosina da un autore che sfoggia con fierezza la notevole maturità artistica raggiunta col passare degli anni.

Rompicapi con grattacapi

Purtroppo non è tutto rose e fiori: Broken Age soffre di un'altalenanza di situazioni che zigzagano tra momenti di puro interesse a sessioni noiose, dettate da enigmi spesso poco esaltanti sia dal punto di vista della risoluzione che nella ideazione vera e propria. I rompicapi, infatti, non sempre sono riusciti a divertirci come sperato, risultando nell’atto uno talvolta troppo semplici e ripetitivi, e nell’atto due eccessivamente laboriosi. Questa dicotomia non riesce a trovare una sua precisa identità, e porta dunque ad un’esperienza spesso afflitta da inciampi nel gameplay, dove il backtracking e il trial and error svolgono purtroppo un ruolo centrale.

Discorso a parte va fatto per il lato tecnico: a parte qualche piccola sbavatura a causa delle zoomate scenografiche che mostrano alcuni dettagli dell’ambiente in bassa definizione, il resto del comparto audiovisivo è semplicemente eccezionale. I disegni si muovono con un’armonia elegante, quasi come se fosse un cartone animato. Lo stile ricorda un po’ quello di Burton, qui però reso più colorato e vivace, potenziato da un doppiaggio che splende grazie a figure di talento come Elijah Wood e Jack Black. È tutto così magico e ben orchestrato che quasi vi dimenticherete di star giocando ad un videogame.

Prima di procedere con il verdetto finale, vi informiamo che Broken Age, da noi recensito su iPad Mini Retina tramite una chiave di gioco gentilmente fornita da Double Fine, è disponibile sul Play Store al prezzo di 10,47€ e sull’App Store al prezzo di 9,99€. Entrambe le versioni contengono tutti e due gli atti che completano l’avventura, e il pacchetto è sprovvisto di acquisti in-app.

Giudizio Finale

È strana la sensazione di perenne equilibrio di odi et amo verso Broken Age. L'universo creato dagli artisti di Double Fine è inebriante da esplorare, ma il gameplay e tante altre piccole problematiche non gli permettono di brillare come avrebbe dovuto. Premiarlo per un design certosino o storcere il naso per una esecuzione assolutamente non all’altezza delle aspettative? Sta a voi scegliere. Noi stiamo nel mezzo, propensi verso l'alto, anche se da un nome così importante ci aspettavamo ben più di un lavoro che certamente risulta piacevole, ma mai riesce a raggiungere - come invece ha fatto la sua campagna Kickstarter - il memorabile.

PRO CONTRO
  • Mondo squisito da vedere e ascoltare
  • Personaggi ben caratterizzati
  • Temi sorprendentemente maturi
  • Lato enigmistico di qualità altalenante
  • L'atto due non convince a pieno
  • Tutto sommato lascia un po' l'amaro in bocca